Lucia Coppola - attività politica e istituzionale | ||||||||
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Trento, 8 marzo / FESTA DELLA DONNA 2010 Otto marzo, mi capita, in questa giornata speciale, di pensare con rinnovato affetto alle amiche che hanno popolato la mia vita e l’hanno resa migliore, quelle della prima infanzia e dell’adolescenza, così preziose! Confidenze e risate. Quelle della maturità, che si contano sulle dita di una mano, perché si diventa selettive ed esigenti. A volte sono semplici conoscenze, non ci si sbilancia più tanto, ma si è comunque riconoscenti per l’affetto che riscalda le giornate e corrobora i pensieri. L’amicizia e la solidarietà tra donne rendono più semplice accettarsi ed accettare le fatiche quotidiane per tenere insieme famiglia, lavoro, politica e tutte le piccole grandi passioni che non sempre si riesce a coltivare. Ma loro sono pazienti e ci aspettano. Io sono tra coloro che l’otto marzo, tutto sommato, lo salvano: è un otto marzo intimo e tranquillo, di solito lo passo con le donne piccole e grandi della mia famiglia, senza enfatizzazioni e proclami, perché essere donne è tuttora un affare molto serio e spesso complicato. Ma è anche un modo di stare nella vita con fantasia e coraggio. Tutto è un po’ più difficile, credo, per noi donne e richiede una certa abilità nel districarsi tra tanti impegni. Si fa fatica, ancora troppa fatica perché molto è ancora dato per scontato da questo universo maschile per il quale spendiamo fiumi di energia. E che spesso amiamo con tutte le nostre forze, perché rappresenta i nostri padri, i fratelli, i figli, mariti, compagni e fidanzati. Perché siamo pervase dal desiderio di dimostrare che la forza, la determinazione e il nostro amore sono tali da farci superare ogni difficoltà. Perché lo spirito di sacrificio e l’«io ti salverò», indirizzato a tutta l’umanità, vicina e lontana, ancora ci pervade, retaggio culturale e familiare solidamente radicato. Tutte, o quasi, ci siamo passate. Noi donne corriamo, quasi sempre. Incontro all’amore, alle responsabilità, a qualche spicciolo di tenerezza, cariche dei nostri tanti sacchetti, delle nostre borse nelle quali si può leggere la vita, sugli autobus affollati, a piedi nel traffico. Il nostro cuore batte veloce e spesso sono i sentimenti, di volta in volta, a fregarci o a salvarci. Ecco, forse ogni otto marzo dovrebbe ricordarci il piacere della lentezza, del cammino senza ansia («c’è più tempo che vita», diceva la mia saggia mamma, ci guardava amorevolmente e si metteva a leggere un bel libro). Dovrebbe insegnarci, questa festa, a non subire in silenzio violenze fisiche e morali, a denunciarle, a tutelarci e a proteggerci vicendevolmente, a pretendere che le istituzioni si facciano carico delle fatiche e delle sopraffazioni di cui spesso le donne sono fatte oggetto: nei luoghi di lavoro, nelle famiglie, nella società in genere. Dovrebbe farci riflettere, l’otto marzo, su questo tempo da prendersi, sulla «stanza tutta per sé» di Virginia Woolf, sulle piccole, banali esigenze del corpo e dello spirito che spesso trascuriamo, in un delirio di onnipotenza e di onnipresenza che non fa bene né a noi né a coloro che talvolta deresponsabilizziamo. Una piccola vacanza, un viaggio, una gita, la lettura, la scrittura, visitare una mostra, leggere il giornale, un concerto. Fermare lo sguardo sulla natura e lasciarlo riposare. Tutto questo si può fare, almeno ogni tanto, senza trascurare affetti e impegni. Certo non basta un 8 marzo a ricordare a noi stesse e agli altri che siamo vive e belle e attive. Che siamo presenti nella società, con il nostro lavoro quotidiano di volontariato, di cura e di sostegno. Che siamo delle lavoratrici spesso brillanti e competenti. E questo tutti ce lo riconoscono. Che siamo detentrici di diritti. Dobbiamo essere più consapevoli della nostra forza e anche delle nostre fragilità per imparare il limite da non oltrepassare, in sintonia con il mondo e tra di noi, sviluppare uno spirito solidale, accettare il fatto di essere anche molto differenti. Ma questo è il bello! A Trento, oggi, vivono accanto a noi tante donne che vengono da lontano, e sono qui non certo per una libera scelta di vita, che ci sorridono timidamente quando incontrano i nostri occhi, nonostante la loro vita sia molto più difficile e faticosa della nostra. Dovremmo tutte, e tutti, imparare da questa vicinanza, che sovente rende meno gravosa anche la nostra esistenza. A volte basta un semplice saluto, una parola di benvenuto che sancisca un atteggiamento accogliente. Credo non ci sia niente di peggio che sentirsi invisibili e magari sforzarsi di diventarlo per non soffrire di più. Noi donne ne sappiamo qualcosa. Sarebbe bello che questo otto marzo 2010 ci regalasse uno sguardo più largo e fiducioso, capace di guardarsi dentro, ma anche di alzarsi orgoglioso e fiero sul mondo. Sarebbe bello che imparassimo tutte a prendere la parola contro le ingiustizie, contro le violenze di cui siamo vittime prescelte, contro la corruzione, la mancanza di rispetto, il razzismo che pervadono questi tempi difficili. Sarebbe bello che la dignità, la consapevolezza, la compassione, le insegnassimo alle nostre figlie e ai figli, ai nipoti, agli studenti per i quali rappresentiamo un esempio e un punto di riferimento insostituibile. Sarebbe bello… e con questo buon auspicio, come ogni anno, con tanto affetto, auguri a tutte le donne! Lucia Coppola
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LUCIA COPPOLA |
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